Focus

Scanu: “Firenze, patria della cartografia”

Intervista al presidente dell’Associazione italiana di cartografia (Aic), Giuseppe Scanu

A organizzare la 30esia Conferenza internazionale di cartografia, che torna in Italia dopo mezzo secolo, oltre all’International cartographic association, tra gli altri, c’è anche l’Associazione italiana di cartografia (Aic). Per contestualizzare al meglio questo importante evento abbiamo parlato proprio col presidente dell’Aic, Giuseppe Scanu, che insegna cartografia e sistemi informativi geografici all’Università di Sassari.

Presidente, quando nasce l’Associazione italiana di cartografia?
“Circa sessant’anni fa. Pensi che è nata proprio a Firenze. La legge 68 del 1962 aveva istituito i cinque organi cartografici dello Stato, che sono l’Istituto geografico militare, l’Istituto idrografico della Marina, la Sezione foto-cartografica dello Stato Maggiore dell’Aeronautica, l’Amministrazione del catasto e dei servizi tecnici erariali e il Servizio geologico. C’era però la necessità di dare una veste scientifica a questi organi. Quindi venne istituita l’Associazione”.

Quindi quello di Firenze è un po’ un ritorno alle origini.
“Esatto. E le dirò di più: non è stato facile. Si tratta di un appuntamento molto ambito ed esiste una forte competizione tra paesi. Alla fine l’assemblea generale, per l’assegnazione, valuta la migliore proposta sia dal punto di vista scientifico sia logistico”.

E stavolta abbiamo avuto la meglio su Città del Capo.
“Prima di arrivare a questo risultato abbiamo partecipato a ben tre gare, ma alla fine ci siamo aggiudicati la conferenza. Tra l’altro un evento internazionale di questo livello coinvolge numerose istituzioni internazionale. Per far capire meglio, basta pensare che all’Icc aderiscono circa 190 paesi, cioè quasi tutti gli stati del nostro pianeta“.

Perché proprio Firenze?
“Perché è la patria della cartografia. Ma anche per la storia, per la tradizione, per la cultura e per le tante attività che qua si svolgono. Anche nei musei, ad esempio, c’è molta cartografia. Insomma, questa è una città simbolo per la cartografia italiana. E poi è anche una città bellissima, ricca di arte e meraviglie storiche e architettoniche. Ovviamente con la sua collocazione è ideale anche dal punto di vista logistico”.

L’organizzazione non dev’essere stata facile.
“Non dobbiamo trascurare che stiamo parlando di un evento internazionale organizzato durante una pandemia. Basti pensare ai numerosi spostamenti tra stati. Non è un evento normale, non come tutti gli altri che l’hanno preceduto”.

L’ultima edizione si è svolta a Tokyo con 95 paesi coinvolti, 750 presentazioni e 385 mappe esposte. Quali sono i numeri di questa edizione italiana?
“Sono numeri straordinari. Avremo sessanta stati, un migliaio di partecipanti, più di cinquecento proposte d’intervento una mostra cartografica con prodotti provenienti da trenta differenti paesi. Non è poco in un periodo difficile come questo”.

Qual è l’obiettivo della conferenza?
“Condividere e riflettere sulla ricerca, sulle sperimentazioni e sulle nuove proposte metodologiche. A questi eventi partecipano persone che lavorano con le mappe. Tecnici, universitari, studiosi, gestori di dati… Per tutti loro le informazioni sono essenziali, ma se non abbiniamo il dato alla mappa non è possibile comprendere l’informazione applicata al territorio. La modalità di rappresentare i dati è un argomento di grande interesse scientifico“.

Questa conferenza non si svolgerà in modo classico, vero?
“Ci saranno due momenti in plenaria, in apertura e in chiusura. Nel closing ci saranno la restituzione dei resoconti e le premiazioni dei prodotti esposti delle mostre. Mi piace ricordare la sezione dei disegni realizzati dai bambini delle scuole, realizzata in memoria di una famosa cartografa americana, Barbara Petchenik. Le altre saranno sedute tecniche di lavoro, attrezzate anche per i collegamenti da remoto. Sono tutte dedicate ad argomenti specifici. Sono ben trentasei i temi individuati. Infine tutti i contributi saranno raccolti negli atti, che verrano poi stampati e diffusi”.

Come e quanto è cambiata la cartografia negli ultimi anni?
“È cambiata radicalmente. Continuiamo a parlare di ‘carte’, ma la carta stampata, che resta preziosa e immutata, è stata progressivamente sostituita dal supporto digitale. Di fatto lavoriamo più sul digitale che sul cartaceo. Questo passaggio ha segnato un’epoca”.

E le tecniche di rilevamento?
“Anche il rilevamento e il trattamento dei dati sono cambiati. Ci stiamo adeguando alle tecnologie”.

Un esempio?
“Gli aerei che prima scattavano solo le fotografie, ora sono attrezzati con strumenti di rilevamento multibanda. Oltre al visibile rilevano anche altre lunghezze d’onda. Con la stessa macchina, oltre alla foto, c’è l’infrarosso. Abbiamo tante bande, a ognuna delle quali è associata un’informazione utile a investigare il terreno”.

 

gt