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Val di Nievole e Val d'Arno inferiore

Comuni di:

Buggiano (PT), Capraia e Limite (FI), Castelfranco di Sotto (PI), Cerreto Guidi (FI), Chiesina Uzzanese (PT), Empoli (FI), Fucecchio (FI), Lamporecchio (PT), Larciano (PT), Massa e Cozzile (PT), Monsummano Terme (PT), Montecatini Terme (PT), Montelupo Fiorentino (FI), Montopoli in Val D’Arno (PI), Pescia (PT), Pieve a Nievole (PT), Ponte Buggianese (PT), Santa Croce Sull’arno (PI), Santa Maria a Monte (PI), San Miniato (PI), Uzzano (PT), Vinci (FI)

Cartina Val di Nievole e Val d'Arno inferiore
Mappa

«Lungo i filari qua e là per tutta la pianura rosseggiavano i salci, che visti alla lontana parevano nuvolette d’aria effimera, destinate ad essere disperse ad ogni palpito di vento. Ma più cresceva la malinconia nel cuore di Carlo quando lungo l’Arno e sulle rive dei fossi appariva il giallo delle alberete, sospirose per essere prossime a spogliarsi d’ogni foglia e a i primi geli imminenti rimaner nude come scheletri».
(Vincenzo Chianini, scrittore)

Un viaggio in treno a cavallo tra due secoli, prima che i conflitti mondiali esplodessero. Prima dell’industrializzazione, prima della spinta urbanistica, prima della digitalizzazione. In quel prima c’è parte di quel poi che oggi conosciamo. Perché la Val di Nievole e il Valdarno inferiore sono sempre territori che nonostante l’intrinseco e necessario cambiamento - scandito dal passare del tempo e dallo sviluppo - riflettono l’immagine che l’avvocato e scrittore Vincenzo Chianini, nato in un piccolo borgo di Fucecchio, restituisce a parole.

«Da poco il treno correva sulla dirittura di San Miniato e già era sparito il campanile sanguigno della Collegiata e quello di Sant’Agostino [d’Empoli] dal colore angelico, e Pietramarina [del Montalbano] dalla cima crinita era triste nella lontananza, e le ville sui colli di Spicchio e di Corniola si perdevano nell’orizzonte nebbioso. Nella pianura verdeggiavano i prati autunnali. Fra le file di pioppi, che con le tralciaie delle viti sembrava si dessero la mano per danzare, verzicavano appena le prode seminate a grano».

Qua il paesaggio è quasi immutato. Lontano da città e borghi, questo territorio diviso a metà che rappresenta geograficamente un polmone della Toscana, attorno alle acque con cui ha sempre convissuto ha costruito visioni agricole e naturalistiche. Proprio a causa della presenza di paduli - quello di Fucecchio, che si estende su oltre  duemila ettari, è il più grande d’Italia - la Valdinievole era anticamente chiamata “Vallis Nebulae” (valle della nebbia e delle nuvole).

Poi sono arrivate le bonifiche, e con loro anche nuovi insediamenti. Le principali opportunità erano offerte da quelle aree collinari che il clima mite rendevano particolarmente adatte. Non è un caso che proprio qua, sul lato esposto dell’Appennino, per indicare la dolcezza e la gentilezza dei luoghi sia nata la definizione di “Svizzera Pesciatina”.    

Montagne, colline, pianure. E poi oliveti, vigneti, boschi, fiumi e paduli. Ecco, ancora una volta l’acqua. L’acqua è ovunque. E a volte, per colpa o merito della casualità, si è trasformata anche in risorsa economica. Infatti è proprio a causa dell’attività estrattiva che ha preso inaspettatamente avvio il turismo termale con la scoperta di Grotta Giusto. A Montecatini e Monsummano, però, l’attività legate alle calde sorgenti era già iniziata ai tempi dei Lorena.

Il territorio ha vissuto la sua maggiore espansione solo in epoca recente. Dall’era quaternaria in su, le condizioni sfavorevoli causate dal clima rigido e dall’assenza di ripari avevano frenato il popolamento.

Le prime presenze si registrano sulla sponda destra dell’Arno e più tardi nella nella zona pedecollinare del Montalbano. È durante l’Età del Bronzo che si forma un nuovo assetto. Piccoli villaggi costituiti da poche capanne, in altura e in collina, cominciano ad essere abitati per motivi economici e difensivi.

Purtroppo non ci sono molto reperti archeologici che consentono una lettura attenta e puntuale del passato. Un’assenza, questa, che è probabilmente riconducibile alla posizione marginale del comprensorio, escluso dalle grandi direttrici che collegano i centri principali. Se le tracce etrusche scarseggiano, lo stesso non si può dire dei liguri-apuani. Si sviluppa dapprima un’economia basata su una modesta agricoltura di sussistenza integrata dallo sfruttamento delle aree boschive, poi iniziano a intensificarsi gli scambi commerciali e, di conseguenza, si sviluppano i primi piccoli centri abitati. Un’espansione che nell’area del Valdarno si compie soprattutto tra il IV e II secolo a.C., ben prima dell’arrivo dei Romani in Valdinievole. Sono loro ad avviare le prime opera di bonifica delle pianure e a sviluppare le vie di comunicazione, a cominciare dal prolungamento della Cassia.

La viabilità appenninica consentirà poi di collegare la Val di Lima e la Valle del Serchio, da una parte, e il comprensorio Pistoiese, dall’altra. Ed è proprio grazie a queste nuove infrastrutture che si svilupperanno attività commerciali e nuovi centri agricoli.

Anche nel periodo Medioevale l’Arno e la viabilità continueranno ad assumere un ruolo centrale per il Valdarno e la Valdinievole, che dopo le invasione bizantina diventerà terreno di conquista per le mire espansionistiche di Lucca (prima) ed entrerà a far parte dello Stato di Firenze (poi).

Con l’accorpamento di Pistoia a Firenze (1851), la Valdinievole passò al nuovo compartimento lucchese. L’assetto fu mantenuto fino alla costituzione della Provincia di Pistoia (1927). I comuni di San Miniato, Santa Croce, Castelfranco, Santa Maria a Monte e Montopoli furono annessi alla Provincia di Pisa.

Ancora una volta siamo di fronte a uno spicchio di Toscana eterogeneo, vario, unico nelle sue differenze. Il paesaggio della Val di Nievole e del Val d’Arno inferiore è complementare, delicato e selvaggio insieme.

Zone paludose e dolci colline, ampi boschi e terreni agricoli, montagne e zone termali. D’accordo, le zone lacustri sono state bonificate (basti pensare che i paduli di Fucecchio e del Bientina formavano un’insenatura che si estendeva da Montalbano ai Monti Pisani) e il territorio, proprio per queste sue caratteristiche, ha vissuto un intenso sviluppo (soprattutto urbanistico). Questo non ha snaturato il paesaggio, che è riuscito a resistere anche a infrastrutture di grande portata come la strada che collega Firenze, Pisa e Livorno (quella che per tutti è comunemente nota come Fi-Pi_Li).

Sono presenti aree di straordinaria importanza. Non solo nelle aree umide (paduli di Fucecchio e Bientina), ma anche in montagna (Alta valle del torrente Pescia), in collina (Cerbaie), nei boschi (Germagnana, Montalto, Chiusi) e nelle riserve (Montefalcone e Poggio Adorno). Dalla piana pesciatina al fondovalle dell’Arno, si alternano zone produttive (Fucecchio, Santa Croce, Castelfranco, San Miniato Basso, Montopoli) e territori che conservano i caratteri originari (Montalbano, Pesa, Elsa, Egola). E il paesaggio collinare, nonostante il tempo, conserva l’impronta della struttura mezzadrile.

Quella della Valle dell’Arno è una storia antica, che in parte continua a preservarsi. Come accade ad esempio alla parte centrale costituita dai rilievi delle Cerbaie. Quest’area è probabilmente la superficie più antica in Toscana. Un’antichità che si manifesta anche nella presenza di suoli del tutto incoerenti con l’ambiente mediterraneo. Ovvero non molto fertili e coperti da manti di boschi.

Questo è il luogo in cui si ricerca la bellezza della natura. Soprattutto quella paesaggistica. Un’estetica che solo certe visioni può ispirare. Per gli artisti – e non solo per loro – la Valdinievole esprime al meglio il contesto delle colline fiorentine e di quelle lucchesi. Ne fa sintesi, amplificando il valore di ciò che l’Arno, i paduli e i boschi sono stati in grado di generare (e mantenere).

Si assiste infatti a una fuga degli artisti dalla città verso la campagna. Questa campagna. Per cercare uno sguardo nuovo sul paesaggio fiorentino, infatti, per molti è necessario allontanarsi da Firenze e seguire il corso del fiume verso il mare.

Ebbene, in questo luogo privilegiato di esplorazione e sperimentazione, vediamo alternarsi Telemaco Signorini, Eleonora Duse, Gabriele D’Annunzio, Bernard Berenson, Ardengo Soffici. Che siano pittori, scrittori o poeti, nella loro arte si riflettono l’Arno e la natura che esplode e si contamina sulle sule sponde. Su quelle terre ci sono gli ulivi di Settignano, il borgo di Montopoli, alberate, albe e tramonti.

Si ritrae e si ferma sulla tela un paesaggio che si pensava fosse in via d’estinzione. Eppure è lì, consegnato all’eternità. E non stupisce il fatto che lo sguardo sull’Arno di Richard Wilson, pittore gallese del Settecento e membro fondatore della Royal Academy, sia oggi conservato al Museum of Fine Arts di Boston.