Time machine del territorio

Val d'Orcia e Val d'Asso

Comuni di:

Castiglione d’Orcia (SI), Montalcino (SI), Pienza (SI), Radicofani (SI), San Giovanni d’Asso (SI), San Quirico d’Orcia (SI), Trequanda (SI)

Cartina Val d'Orcia e Val d'Asso
Mappa

«Questa terra grigia lisciata dal vento nei suoi dossi
nella sua galoppata verso il mare,
nella sua ressa d'armento sotto i gioghi
e i contrafforti dell'interno, vista
nel capogiro dagli spalti, fila
luce, fila anni luce misteriosi,
fila un solo destino in molte guise,
dice: "guardami, sono la tua stella"
e in quell'attimo punge più profonda
il cuore la spina della vita.
Questa terra toscana brulla e tersa
dove corre il pensiero di chi resta
o cresciuto da lei se ne allontana.
Tutti i miei più che quarant'anni sciamano
fuori dal loro nido d'ape. Cercano
qui più che altrove il loro cibo, chiedono
di noi, di voi murati nella crosta
di questo corpo luminoso. E seguita,
seguita a pullulare morte e vita
tenera e ostile, chiara e inconoscibile.
Tanto afferra l'occhio da questa torre di vedetta».

(Mario Luzi, Dalla torre)

Quella che il poeta fiorentino descrive è una selvatica e austera desolazione. Prima di lui anche Charles Dickens aveva descritto la valle di Sant’Antimo come la «campagna sterile, pietrosa e selvaggia» che gli ricordava la Cornovaglia. Questa poesia di Luzi contenuta nella raccolta “Dal fondo delle campagne”, pubblicata a metà degli anni Sessanta, con l’uso di parole apparentemente desuete e arcaiche non si limita a descrive il paesaggio, ma lo costruisce nell’immaginazione e nella mente generando sensazioni che trovano spazio nell’esperienza umana più autentica.

Una desolazione che però ha generato bellezza. Una landa desolata che nel giro di cinquant’anni, grazie alla mutata sensibilità, ha visto capovolta la sua condizione, fino a diventare nel 2004 patrimonio mondiale dell’umanità per l’Unesco. Merito soprattutto della ricca varietà di siti d’interesse geologico, naturalistico e paesaggistico. Ma anche di quella complessa struttura territoriale che rappresenta un valore assoluto.  

Enea Silvio Piccolomini (Papa Pio II), in vedetta dal giardino pensile del suo palazzo di Pienza, offre una panoramica invidiabile dei territori circostanti.

«La vista di chi guarda dalle stanze più alte ad occidente si estende oltre Montalcino e Siena fino alle alpi pistoiesi. L’occhio di chi si affaccia a tramontana è allietato da una varia distesa di colli e dal verde incantevole delle selve che si estendono per cinque miglia. Osservando con più attenzione si arriva a scorgere l’Appennino e Cortona, situata su un alto colle non lontano dal lago Trasimeno. Ma la vallata del fiume Chiana, che giace lì in mezzo rimane nascosta perché troppo in basso. La vista ad oriente è meno ampia, spingendosi fino a Montepulciano in potere dei Fiorentini, che è perpetuo timore per i Senesi giungendo fino ai monti che dividono la regione della Chiana dalla Val d’Orcia».

Un contesto nel quale non si possono trascurare le grandi strade di collegamento, come la Cassia e la Francigena. Due vie da cui è passata la storia. A San Quirico d’Orcia, ad esempio, cittadina d’origine etrusca sulla Francigena, s’incontrarono nel 1154 Federico Barbarossa e i messi pontifici di Adriano IV.

Val D’Orcia e Val d’Asso si distinguono per una significativa eterogeneità che alterna un territorio alto collinare, foreste, mosaici agricoli. Spiccano i versanti settentrionali del Monte Amiata, fino a Castiglione d’Orcia. Mentre a ovest si estende il territorio di Montalcino, con prevalenza di boschi lungo i versanti alto collinari e montani e una rilevante presenza di vigneti specializzati.

E poi ci sono le colline plioceniche (le Crete) che definiscono l’identità specifica della Val d’Orcia. L’uso del nome “Crete”, parola dialettale sinonimo di argille, si diffuse nel corso del XIX secolo con lo sviluppo delle scienze naturali e delle analisi dei lineamenti geomorfologici. Questi paesaggi geologici hanno una notevole importanza, non solo per la fruizione turistica ma anche per gli studi scientifici e la didattica.

Un settore particolare la cui attrattiva si fa sentire già nell’età moderna è quello delle risorse termali, assai diffuse in tutto il territorio: la località più nota è Bagno Vignoni, nella comunità di San Quirico, ma le sorgenti calde si trovano anche in val d’Asso (Lucignano) e alle pendici dell’Amiata (San Filippo).

In epoca neolitica l’area era occupata da villaggi situati su terrazzi alluvionali, nelle vicinanze dell’Ombrone e dell’Orcia. A poco a poco il popolamento si allarga anche ad altri habitat, ma sempre in prossimità dei corsi d’acqua. Nel corso dell’età del Ferro comincia a strutturarsi il popolamento, che si evolverà coerentemente nel periodo etrusco e nella fase classica. Con l’ellenismo si registra un boom demografico e il territorio viene occupato in maniera diffusa, ben più intensivamente dei secoli precedenti.

Il processo di romanizzazione di quest’area è piuttosto lento e progressivo e non modifica, se non minimamente, il trend demografico. Fra VIII e X secolo si accentua la tendenza verso l’occupazione delle sommità (un esempio è Montalcino) e si conferma una rete insediativa strutturata su complessi di tipo comunitario, spesso dotati di pievi o chiese che, con la stabilizzazione delle aristocrazie laiche ed ecclesiastiche, dal X secolo verranno trasformati in villaggi curtensi caratterizzati da un’accresciuta popolazione e da una diversificazione delle attività (emblematico il sito di Cosona, nel territorio di Pienza).

Il paesaggio basso-medievale è fortemente caratterizzato dai castelli, che ne costituiscono l’elemento cardine, caratterizzati dalle posizioni d’altura, da un forte accentramento insediativo e dall’essere posti sotto l’autorità senese

Al momento dell’annessione dello stato senese nel Granducato (1559) tutto il territorio a sud della città, dalla Val d’Asso alla Val d’Orcia fino alla val di Paglia e ai confini dello stato Pontificio, era saldamente integrato con quello delle colline e delle comunità più vicine a Siena. Rappresentava di fatto un solo complesso amministrativo.

Con il Granducato, lo spostamento verso l’agricoltura di numerose risorse finanziarie spinge verso l’estensione dei coltivi. Da questo momento in poi, per circa due secoli e fino al 1951, l’incremento demografico è costante, seppure modesto.

Il territorio è caratterizzato da un susseguirsi di rilievi collinari dalle forme dolci e poco accentuate che costituiscono il caratteristico paesaggio delle “Crete” senesi e della Val d’Orcia. Le diverse porzioni dell’ambito sono tenute insieme da un articolato sistema fluviale di cui l’Orcia, l’Asso e il Formone sono i corsi principali.

Qua ci troviamo di fronte a due strutture contrastanti ma dai forti effetti paesaggistici: il bacino pliocenico dalle Crete senesi e le colline rocciose. Di particolare importanza la distribuzione degli insediamenti su “balconi” o “torri”, che danno visuale della profondità e della diversità del territorio e, simmetricamente, la costante presenza di un orizzonte di colline alte e boscose a delimitare le basse terre dei bacini.

Il comprensorio è attraversato da un sistema collinare fortemente caratterizzante, costituito da dolci morfologie plioceniche a prevalenza di colture cerealicole nella porzione centro settentrionale e da paesaggi agricoli tradizionali e pascolivi nella porzione meridionale.

CIao

Il corso del Fiume Orcia, con i suoi larghi terrazzi fluviali, costituisce il confine tra i due paesaggi, contribuendo con il suo alto corso – e con la complementare presenza dei torrenti Formone e Paglia – a elevare il valore paesaggistico e naturalistico della parte meridionale.

All’interno delle Crete Senesi, nei pressi di San Giovanni d’Asso, è presente un geosito panoramico (“Panorama sui corpi risedimentati di S. Giovanni d’Asso”), che consente di osservare sia la dorsale di Trequanda, sia l’alto di San Giovanni d’Asso, parte del sito di interesse comunitario Monte Uliveto Maggiore. Altri siti di interesse sono identificabili nelle Crete dell’Orcia e del Formone e nell’area protetta regionale di Lucciolabella, entrambe legate ai “campi” di biancane.

Prima ancora dello sguardo pittorico, per meglio comprendere il territorio occorre far leva sulla memoria e sull’iconografia storica. E così dai fondi dell’Archivio Luce si ricavano le immagini di San Quirico con la Torre Chigi prima che fosse abbattuta dall’esercito tedesco in ritirata; ma anche il tratto di mura medievali del borgo con la torre del Cassero, oggi scomparsa.

Un paesaggio che cambia, certo. Ma nonostante la scomparsa di torri e murate, le vedute panoramiche lungo la via che collega San Quirico d’Orcia a Siena rimangono sostanzialmente intatte.

Tratti che ispirano e fanno da scenografia ad antichi dipinti. Consapevoli della carica di astrazione simbolica propria della pittura medievale senese – e di più prosaiche esigenze narrative – possiamo infatti collocare in quest’angolo di Toscana i paesaggi asciutti e ostili del Sassetta o di Apollonio di Giovanni.

Paesaggi che, ammiccando anche alle caratteristiche eremitiche dei sassi casentinesi, venivano composti per ambientarvi al meglio Tebaidi, Fughe in Egitto e Trionfi della Morte.

Nonostante la dolce bellezza di colli e borghi, e la trasfigurazione nella luce di rocche e castelli propria di romantici pittori stranieri (ad esempio, la Veduta di Montalcino di Joseph Pennell), la valle conserva il suo carattere selvatico; le fortezze e i borghi arroccati ricordano di essere nati per difesa e le strade antiche (la Cassia e poi la Francigena) di essere luoghi di passaggio, d’incontro e anche di agguato.